De Architectura

IL DE ARCHITECTURA

Il “De Architectura libri decem” è l’opera letteraria enciclopedica che ha consegnato Vitruvio a perenne memoria.

La sua redazione definitiva occupò probabilmente gli ultimi anni della carriera professionale di Vitruvio, tra la fine del secondo triumvirato e i primissimi anni del principato, all’incirca tra il 35 e il 25 a.C. L’intera cronologia della composizione dell’opera appare però molto complessa e al suo interno va considerata la lunga fase preparatoria (appartenente al periodo repubblicano), di accumulo di esperienze e conoscenze teoriche, la compilazione di schede, ecc., e, probabilmente, il susseguirsi di almeno due fasi redazionali (benché numerose cesure, più o meno evidenti, facciano pensare ad una redazione alquanto caotica, costituita da supplementi o collages successivi). La discontinuità tematica esistente tra i primi sette libri dell’aedificatio e i libri VIII, IX e X,  infatti induce a ritenere alcuni studiosi (ma l’ipotesi non è unanimemente condivisa)  che Vitruvio abbia in un primo momento concepito un’opera che trattava esclusivamente della costruzione di edifici pubblici e privati, per poi realizzare il corpus completo, che copriva l’insieme delle attività che alla sua epoca erano ancora di competenza dell’architetto.

Gli argomenti dei dieci libri, sempre  introdotti da una prefazione, sono così ripartiti:

  • Libro I. Definizione dell’architettura e dell’architetto; nozioni di urbanistica.
  • Libro II. Evoluzione dell’umanità e nascita dell’edilizia; materiali, murature e tecniche edificatorie.
  • Libro III. Templi; ordine ionico.
  • Libro IV. Templi; evoluzione degli ordini greci; ordine dorico; tempio tuscanico; soluzioni ibride.
  • Libro V. Edifici pubblici: foro, basilica, erario, carcere, curia; teatri; bagni e palestre; porti e murature sommerse.
  • Libro VI. Edilizia privata (disposizione, misure, organizzazione, orientamento, tipologie).
  • Libro VII. Edilizia privata: rifiniture (rivestimenti e decorazione).
  • Libro VIII. Idraulica.
  • Libro IX. Astronomia; astrologia e meteorologia; orologi solari e ad acqua.
  • Libro X. Meccanica civile e militare.

Oggetto della trattazione è l’insieme dei saperi teorici e pratici acquisiti negli ultimi due secoli ellenistici nel campo dell’architettura e dell’ingegneria. Vitruvio si sente il rappresentante e il custode di una lunga tradizione, che ritiene ormai giunta al grado di perfezione, per cui avverte come una minaccia i segni dei rivolgimenti che stanno per investire l’architettura della prima età imperiale; attraverso la sistemazione e la codificazione dei saperi elaborati fino ad allora, egli intende salvare i risultati delle speculazioni e di quelle esperienze che le convalidarono, per metterle a disposizione dei responsabili politici e, in generale, dei notabili. Il suo senso del dovere lo spinge a creare un trattato il più completo possibile, in un momento in cui l’architettura è divenuta, più che mai, un programma di governo.

Nonostante alcuni limiti, spesso causati dalla tendenza all’eccessiva semplificazione, l’opera vitruviana non è solo una fonte per noi di preziosissime informazioni, ma resta indiscutibile il suo valore di originalità e di novità, almeno nel contesto romano, per cui l’autore non si accontenta più dei tradizionali schizzi e bozzetti per fornire un quadro normativo a coloro che dirigono i lavori edilizi, ma tenta di realizzare un’esposizione sistematica, un quadro normativo che soddisfi tutta la casistica. Il manoscritto originale prevedeva la presenza di alcune illustrazioni, andate perdute, la cui funzione tuttavia non era che secondaria, e cioè non si sostituivano al testo, se non in casi molto specifici in cui non era possibile chiarire con la parola le difficiles symmetriarum rationes (1, 1, 4) : “il passaggio dal grafismo alla scrittura è per Vitruvio uno dei mezzi – senza dubbio il principale – per far assurgere la praxis architettonica al livello di un’ars liberalis, ovvero di un’attività intellettuale che si basa su un corpus organico di conoscenze – doctrina o scientia– consapevole dei suoi precedenti storici e del proprio valore normativo”(P. Gros, Vitruvio e il suo tempo, in Vitruvio, De Architectura, ed. Einaudi 1997).

A causa dell’aspetto “utilitaristico” dell’opera, la trattazione è tesa a soddisfare le esigenze di completezza, brevità e accessibilità, mentre la prosa deve piegarsi alla creazione di un nuovo linguaggio tecnico. Infatti, quando Vitruvio comincia a scrivere il suo trattato, il linguaggio dell’architettura in pratica non esisteva. In passato notevoli critiche sono state mosse proprio al latino poco “letterario” adoperato dall’autore, neppure definibile un latino volgare, ma un cattivo latino, talvolta ritenuto specchio di una scarsa cultura letteraria. Oggi il mito del “cattivo latino” di Vitruvio è superato, anche se rimane la difficoltà di definire la misura linguistica e la cifra stilistica della sua scrittura; i recenti studi hanno altresì mostrato come la lingua del De Architectura, “capace di muoversi fra le categorie teoriche e gli esempi pratici, di esprimere concetti astratti e indicazioni concrete, contenga le premesse per il linguaggio dell’architettura moderna.” (da E. Romano, Fra astratto e concreto, in Vitruvio, De Architectura, ed. Einaudi 1997).

Il testo non ci è pervenuto nella sua trascrizione originaria ma sotto forma di numerosi manoscritti (codici) conservati in molte biblioteche europee. Al 1486 risale l’editio princeps, la prima edizione a stampa del De Architectura, curata a Roma per i tipi della Heralt. Da allora il testo vitruviano ha incontrato una straordinaria fortuna editoriale, potendo contare da allora quasi 200 edizioni. Edizioni rese preziose dai ricchissimi apparati grafici stimolati paradossalmente proprio dall’assenza dei pochi disegni originari che, probabilmente, dovevano corredare il testo. Tale imponente apparato grafico unitamente alla rilettura rinascimentale del testo vitruviano, magistralmente iconizzata nell’uomo vitruviano di Leonardo, ha costituito una delle più salde radici culturali del Rinascimento e di tutta la nostra Architettura e cultura classica.

 

Paolo Clini