La Basilica di Fano

La descrizione analitica della Basilica di Fano occupa ben cinque paragrafi del trattato sull’architettura (Vitr. De Arch., V, 6-10).

La descrizione analitica della Basilica di Fano occupa ben cinque paragrafi del trattato sull’architettura (Vitr. De Arch., V, 6-10).

Si tratta dell’unico edificio del quale Vitruvio afferma aver curato la costruzione (“conlocavi curavique”), cui attribuisce valori di grande dignità e bellezza (summam dignitatem et venustatem).

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Le indicazioni contenute nel trattato rivelano che la basilica si affacciava con un lato lungo sul centro del Foro ed era in asse col prospiciente Tempio di Giove nell’altro lato della piazza, secondo una disposizione insolita per l’epoca, ma che si diffuse nell’età augustea inoltrata e che dunque Vitruvio potrebbe aver contribuito a promuovere. Tale disposizione assiale permetteva di valorizzare ancor di più il tribunale e l’aedes Augusti, posti in una zona absidata situata in posizione centrale oltre il muro di fondo della basilica.

I dati riportati da Vitruvio mostrano nel complesso una costruzione architettonica votata a un ideale di sobrietà e severità, che ben si sposa con l’estetica atticistica, dominante nella prima età augustea. In questa direzione rientra la scelta per il colonnato di un “ordine gigante”, vale a dire l’utilizzo di grandi colonne che “coprivano” da sole i due piani della basilica, elevandosi da terra fino a sorreggere le capriate di copertura.
Tale soluzione permetteva infatti un risparmio di lavoro e materiali, aumentando allo stesso tempo il senso di “magnificentia” e “auctoritas” (V, 10).

La Fabbrica fanese segna inoltre la definitiva consacrazione monumentale della tipologia basilicale romana, fino a quel momento ancora strettamente legata alle funzioni e agli spazi forensi rispetto ai quali si svincola, trovando nelle mura che la richiudono completamente la sua finale configurazione.
Purtroppo resti monumentali che appartengano con sicurezza all’edificio non si sono conservati e perciò risulta problematica e fonte di secolari dibattiti la sua originaria collocazione.
Una delle ipotesi più spesso sostenuta ritiene appartenenti alla basilica i resti situati sotto il convento di Sant’Agostino, riportati in luce nel secolo XVI, oggetto di una consistente campagna di scavi tra il 1840 e il 1842 e di un’accurata campagna di rilievo negli anni novanta.
Proprio da tale campagna di rilievo erano emerse convincenti congruenze metriche tra le misure della Basilica descritta da Vitruvio e quelle dei resti archeologici.
Particolarmente suggestivo un unico frammento di colonna gigante (diametro m. 1,475, i cinque piedi della colonna vitruviana) a blocchetti di pietra analoghi a quelli di tutte le strutture murarie circostanti che non ha per il momento una sua definibile collocazione, ma che non può che essere accostata alla descrizione del testo vitruviano.
Purtroppo altre verifiche compiute sul fronte del disegno e della ricostruzione urbana non permettono di leggere in questi resti le tracce dell’antica fabbrica. Può quindi ancora riservare sorprese la ricerca di un edificio che, secondo alcuni studiosi, potrebbe anche non essere mai stato costruito da Vitruvio, nonostante l’accurata descrizione.

Ma al di là della basilica di pietra, ancora misteriosa e nascosta chissà dove, resta la basilica della memoria letteraria, bellissima e intoccabile.
La Basilica delle parole di Vitruvio.
La Basilica di tutti coloro che hanno cercato di carpirne i segreti cimentandosi nella sua lettura e interpretazione grafica.
Proprio quella che ha spinto numerosi studiosi, tra cui Andrea Palladio, a raccontarla in ipotetiche ricostruzioni, fin dall’edizione giocondina del 1511, la quarta in assoluto, ma la prima a contenere un articolato apparato grafico a corredo del testo vitruviano.
Essa ha inoltre costituito, per lo stesso Palladio come per altri grandi architetti, stimolante laboratorio di studio di modelli e forme progettuali che potessero mutuare dall’antico i nuovi linguaggi rinascimentali e classici che hanno segnato lo splendore e la diffusione della cultura architettonica occidentale.

Ancora oggi il disegno e l’interpretazione della fabbrica fanese costituiscono elementi di rilevante e straordinario interesse nell’ambito degli studi vitruviani e della redazione degli apparati grafici che continuano ad esplorare il pensiero e l’insegnamento vitruviano.